Michele Lotter (in foto, a lato), fisioterapista, membro della Gran Fratellanza Universale, discepolo del maestro José Marcelli Noli, ha accettato di rispondere ad alcune domande sul rapporto guru-discepolo, approfondendo alcuni spunti da lui dati nel corso della tavola rotonda su “Consapevolezza in espansione” nell’ambito della Giornata trevigiana dello Yoga, nel settembre scorso.
Michele Lotter, è importante per la crescita spirituale avere una guida, un maestro?
Sì, è importante. Perché se è vero che la strada la facciamo con le nostre gambe, con i nostri mezzi e le nostre possibilità, è altrettanto vero che se c’è qualcuno che ha già percorso quella strada ci può dare consigli per non deragliare. È come quando si fa una scalata in montagna: la guida esperta che ha già percorso la via, che è salita più in alto, può dire a quello che sta sotto dove sono gli appigli, quali sono i passaggi più difficili, come superare i punti critici.
Come si riconosce un vero maestro?
È una domanda cruciale: bisogna infatti lavorare con persone che diano una garanzia. Come riconoscere dunque un vero maestro spirituale da un millantatore?
Ci sono tre regole semplici, ma ben precise.
Le elenchi.
La prima regola è che il maestro mostri chiaramente qual è la sua disciplina, perché senza disciplina non c’è percorso.
La seconda: il maestro, questa disciplina, la deve praticare, deve essere coerente nel comportamento con la tradizione che tramanda; un maestro indisciplinato non è affidabile: quello che dice deve coincidere con quello che fa.
Terza regola: il vero maestro non si sostiene economicamente attraverso la missione che porta avanti; non può, detto in parole povere, prendere uno “stipendio” per quello che fa.
Sta toccando un tema caldo.
Caldissimo. È pieno di persone qualificate che propongono vie corrette, che però sulla loro proposta ci vivono e questo, nell’ambito di un percorso spirituale, non è una garanzia di serietà. Quando ci sono di mezzo il guadagno personale e il denaro scattano dei meccanismi, consci e soprattutto inconsci, che sono incontrollabili.
Come si diventa maestri?
I maestri della tradizione a cui faccio riferimento, l’Ordine di Aquarius, che è un’articolazione interna della Rete Gran Fratellanza Universale, diventano guru perché c’è un altro maestro che li riconosce tali.
In questo percorso, quando un iniziato arriva al livello di maestria, abbandona tutto quello che aveva costruito – famiglia, lavoro, posizione sociale, beni materiali… – e si mette a disposizione dell’istituzione di cui fa parte che gli garantisce il sostentamento minimo.
La vita poi lo indirizza verso quello che dovrà fare, la sua nuova missione.
Una trasformazione radicale.
È un passaggio che pochi sono in grado di vivere, un passaggio che assomiglia ad una morte e ad una rinascita. Un passaggio in cui ci si rende conto che tutto ciò per cui un individuo lotta nella vita, la famiglia, il lavoro, gli affetti sono indispensabili per costruire la persona ma possono poi essere trascesi nel servizio all’umanità.
Il suo maestro è Josè Macelli Noli (nella foto sotto), una grande anima realizzata che ha lasciato il corpo nel 2010. Come lo ha “riconosciuto”? Come ha deciso che proprio lui poteva, doveva essere il suo maestro?
È una cosa che sconfina dal razionale ed entra nell’irrazionale. Non avevo mai pensato di aver bisogno di un maestro o di fare un cammino spirituale. La mia formazione era scientifica, umanista, comunque assolutamente laica.
Poi un giorno accadde che un’amica mi invitò a un seminario di Josè Marcelli Noli. Dopo averlo ascoltato e osservato per un po’ di tempo, ho riconosciuto che attraverso di lui c’erano cose dentro di me che venivano valorizzate. Ho capito così che era il mio maestro e l’ho seguito per 27 anni.
Cosa ha sentito quando lo ha incontrato?
È un fenomeno che va al di là di ogni logica. Assomiglia all’inizio ad un innamoramento. Poi diventa un patto tra gentiluomini, tra cavalieri. La relazione maestro-discepolo è qualcosa che, senza smettere di essere estremamente reale, sconfina nel mito.
Idealmente, c’è un maestro per ogni persona? Perché alcuni lo trovano e altri no?
Teoricamente ci può essere un maestro per ogni persona. Ma non tutti stanno cercando un maestro. Bisogna sentirne la necessità, bisogna accettare di aver bisogno di una guida, riconoscere di non essere autosufficienti: una comprensione non scontata.
Poi avere un maestro comporta un impegno, che non è facile da sostenere.
Cos’è cambiato nella sua vita con l’ingresso della sua guida spirituale?
Tutto, direi. All’inizio è stata l’esperienza di accorgermi che c’era una persona di cui avevo una gran stima che si fidava di me.
Il rapporto maestro-discepolo è fondato sulla fiducia reciproca che rende possibile l’interazione, l’evoluzione, la trasformazione di entrambi: mentre crescevo, lui mi spingeva ad assumermi delle responsabilità sia nella società sia nel percorso stesso.
Quando il maestro ti affida degli incarichi, quello è il passaporto per un ulteriore stadio di maturazione.
È possibile avanzare spiritualmente senza un maestro in carne ed ossa?
Per la tradizione di cui faccio parte è indispensabile avere un maestro in carne ed ossa. Far riferimento soltanto a un maestro interiore o a maestri ascesi, che non sono più nella realtà fisica, può essere pericoloso perché si rischia di proiettare sul maestro quello che c’è dentro di sé, facendogli dire cose che sono solo nei nostri desideri. Il mio maestro diceva che, nella relazione maestro-discepolo, solo il maestro in carne ed ossa è quello che sa mettere il dito nella piaga. E aggiungeva: “Diffidate dai maestri che sono troppo accondiscendenti, che vi lodano troppo o vi blandiscono. Beato il discepolo che viene redarguito dal suo maestro, perché vuol dire che questo si sta prendendo cura di lui”.
E poi anche il maestro è una persona vivente, che si modifica e cambia, come il discepolo. E propria questa relazione viva, sempre diversa, è la fonte della crescita di entrambi.
Solo un maestro vivente, inoltre, può dare al discepolo delle indicazioni di percorso che si modificano nel tempo.
Lei dunque ha vissuto con il suo maestro?
José Marcelli Noli viaggiava molto. In 27 anni non l’ho visto fermo per più di un mese. Sì ho vissuto con lui. È importante convivere con il maestro, osservare come si comporta nelle situazioni più disparate della vita quotidiana.
Io mi prendevo ferie per stare con lui e le altre persone che lo seguivano. In certe occasioni l’ho anche seguito durante i suoi spostamenti. Diciamo che riuscivo a condividere con lui momenti anche lunghi, almeno due volte l’anno.
Quale è il principale rischio della relazione maestro-discepolo?
Plagio, nella peggiore delle ipotesi. Quando il maestro non è un vero maestro ha bisogno dei discepoli – i veri maestri non hanno bisogno dei discepoli – può servirsi di loro e plagiarli, per affermare se stesso.
È pertanto fondamentale, all’interno di un percorso, sviluppare il senso critico per capire se la strada che stai percorrendo ti produce una liberazione o ti sta vincolando a qualcosa.
Ce ne sono altri?
L’altro rischio è quello di idealizzare la persona, che rimane umana e può dunque avere dei difetti umani. Anche il maestro è, come dicevo, una persona in costruzione, quindi se lo idealizziamo possiamo andare incontro a delusioni.
Bisogna arrivare a distinguere, e non è facile, tra ciò che il maestro è come persona e il livello di coscienza che rappresenta, che è illimitato, immortale.
E poi al maestro, primo o poi, bisogna pure “ribellarsi”. È bene ad un certo punto entrare in conflitto; permette di non diventare dipendenti e anche di dimostrare che si ha “stoffa”. Poi, maturando, ci si accorge che le indicazioni che aveva dato il maestro erano non solo corrette, ma addirittura necessarie….
Per evitare tutti questi rischi, cosa fare?
Prima di accettare un insegnamento o un’indicazione si deve sempre cercare di capirli. Io ad esempio ho sempre verificato tutto puntualmente. Ho investigato a fondo l’origine della nostra tradizione, che risale al filosofo francese Serge Raynaud de la Ferriere e al lignaggio del suo maestro, e ho scoperto cose interessanti.
Ho scoperto ad esempio che questa tradizione si avvale di molteplici contributi culturali, perché le tradizioni iniziatiche non hanno epoca, né connotazione geografica; dalla filosofia pitagorica all’Illuminismo, passando per le tradizioni orientali, molte esperienze umane sono integrate nella Via Iniziatica. Non vi è, infine, alcuna separazione tra evoluzione spirituale, sviluppo del pensiero e conoscenza scientifica; molti dei grandi scienziati e filosofi del passato erano “iniziati”.
Questo mio lavoro di ricerca e chiarimento durato più di trent’anni è sfociato recentemente nella stesura di un libro intitolato Un contributo alla conoscenza del pensiero di Serge Raynaud. Per un’epistemologia dell’Iniziazione.
Anche il maestro corre dei rischi?
I veri maestri prima di accettare un discepolo vanno con i piedi di piombo, ci mettono un po’ per decidere, non è automatico. Il rapporto deve infatti essere un patto tra “cavalieri”, in cui sia possibile, con una stretta di mano, dichiarare la propria lealtà e adesione a un progetto comune e procedere a compiere insieme la missione assegnata.
E quando un maestro muore, cosa succede al discepolo?
Il maestro prima di morire affida i suoi discepoli ad altri maestri che continueranno a seguirli e a prendersi cura di loro.
Come si possono sperimentare le esperienze di cui racconta?
La nostra associazione, la Rete Gran Fratellanza Universale, è diffusa in tutta Italia, oltre che in vari paesi. Chi volesse conoscere la tradizione a cui appartengo ha due punti di riferimento sul territorio: il Centro culturale Estrada a Treviso e l’Ashram Solare a Parè di Tarzo. In questi luoghi vengono organizzati incontri, conferenze, pratiche di discipline, seminari anche residenziali. In questo momento ci sono quattro maestri della nostra tradizione che stanno viaggiando per il mondo. A Tarzo, ogni anno, organizziamo 1-2 settimane di vita ashramica insieme a uno di dei nostri maestri.
Imparare uno stile di vita sano ed essenziale, aprirsi agli altri, studiare e meditare, aspirare al sacro, per poi agire consapevolmente nella vita quotidiana all’insegna dell’ideale della gran fratellanza universale è un obiettivo che trascende le visioni particolari di ciascuno, a cui chiunque si può avvicinare e di cui, ora più che mai, c’è un grande bisogno.
Francesca Nicastro