Quanta necessità c’è di fare chiarezza su di una pratica così indispensabile nella nostra vita che è la meditazione.
Perché la meditazione è così importante?
Perché concomitante alla nostra memoria cosciente, esiste una gran quantità di materiale psichico cui noi non abbiamo accesso e che invece la meditazione può riportare alla nostra coscienza e soprattutto aiutarci a trasformarlo.
Noi non nasciamo con la nascita né moriamo con la morte del corpo, eppure la nostra coscienza è limitata ad un ridottissimo spazio-tempo. Attraverso la meditazione, praticata secondo la Tradizione Yoga, possiamo espandere la nostra coscienza e riprendere il contatto profondo con noi stessi e con la nostra origine divina.
Nello specifico gli Yogasutra, uno dei classici dello Yoga assieme alla Bhagavad-gita, non trattano solo degli abissi bui dell’inconscio ma anche delle vette illuminate della mente, non solo dell’inconscio ma anche del superconscio.
Praticando la meditazione secondo la guida illuminata di un maestro, la persona può gradualmente riscoprire la migliore versione di se stessa e imparare a liberarsi dai condizionamenti e dalle dipendenze che affondano le loro radici nell’inconscio. Le più gravi: la bramosia (kama), la collera (krodha), l’illusione (moha), l’avidità (lobha), l’invidia (matsara).
La vita delle persone è rovinata da quelle aspettative egoiche che sono espressione di kama, la bramosia. Queste aspettative, se insoddisfatte, producono quella collera che Krishna identifica nellaBhagavad-gita (III.37) come il distruttore più grande.
Moha, l’illusione o confusione mentale, è conseguenza della collera che scaturisce da kama.
Da moha si produce lobha, l’avidità.
Le persone credono di non poter risolvere i propri problemi perché non hanno abbastanza di quel che desiderano. Ma lobha non si esaurisce a prescindere da quanto uno possa afferrare. La persona affetta da avidità non è soddisfatta con niente. Anche se le venisse dato un mondo intero direbbe: perché non posso avere anche un altro mondo?
E da qui l’invidia, matsara, per quei mondi che altri hanno e la persona non ha.
Le persone che hanno causato più sofferenze a se stesse e all’umanità sono quelle affette da queste cinque gravi forme di condizionamento.
La meditazione (dhyana) può rompere le catene di questa molteplice dipendenza.
Per raggiungere tale scopo, occorre tener di conto che le emozioni e i pensieri tossici possono essere arginati dalla meditazione su emozioni e pensieri di segno opposto, come spiega Patanjali nel Sadhana Pada sutra 33.
In che cosa dunque consiste la meditazione?
Consiste principalmente nel sottrarre le percezioni, le emozioni ed il pensiero che è correlato ad esse, a quelle distorsioni e condizionamenti ai quali abbiamo fatto talmente l’abitudine da non riconoscerli più come tali.
La Bhagavad-gita completa il quadro spiegandoci che la prima distorsione, la più grave che origina tutte le altre, è quella di crederci il corpo e di essere soggetti alla morte, quando invece siamo esseri spirituali eterni, dotati di una felicità e sapienza intrinseca di cui dobbiamo soltanto ritornarne in possesso, ovvero riacquistarne consapevolezza.
E’ un compito arduo ma ci si può riuscire adottando deliberatamente una disciplina spirituale di vita (Sadhana-Bhakti), di cui la meditazione sui Nomi divini rappresenta il perno (Harinama Mahamantra). Di questa meditazione parleremo più approfonditamente nel prossimo articolo.