Gli occhi sono lo specchio dell’anima: attraverso lo sguardo possiamo percepire molto del mondo interiore di un essere umano, e viceversa, anche gli altri possono leggere cosa alberga dentro di noi.
Nella pratica dello Yoga lo sguardo e l’uso degli occhi va curato e valorizzato.
Gli occhi e lo sguardo riflettono in maniera immediata le nostre emozioni, le nostre paure e i nostri sentimenti più profondi. Dagli occhi e dallo sguardo si ha un accesso diretto a una dimensione molto intima. “Guardami negli occhi”, infatti si dice, quando si vuole davvero comunicare con sincerità e in modo incisivo. Si intuisce anche che uno sguardo vale più di mille parole… In effetti, con gli occhi non solo si ricevono informazioni visive dall’esterno ma, più e meglio che con la parola, si comunica e si trasmette ciò che è dentro di noi.
Non è sfuggito agli antichi Yogi come la vista sia, più degli altri sensi, vicina alla mente e alla coscienza e per questo motivo le tecniche che ci hanno trasmesso dall’antichità la coinvolgono in tanti modi e sono tecniche di consapevolezza molto raffinate.
L’attività mentale e il movimento oculare sono dunque collegati e quando gli occhi sono fissi e fermi, anche la mente lo è. Più aumenta la capacità di uso consapevole degli occhi più aumenta la capacità di presenza e concentrazione, meglio si aprono le porte della meditazione.
Con il termine sanscrito Drishti s’intende “il guardato”, il punto che cattura lo sguardo.
Drishti, quindi, è molto prezioso perché dove dirigi lo sguardo va l’attenzione e dove va l’ attenzione va l’energia.
Nella pratica si possono individuare vari punti dove rivolgere lo sguardo. I principali sono: punta del naso, tra le sopracciglia, pollici, palmi della mano, al cielo, a terra, a destra, a sinistra, ombelico, alluci o punte dei piedi.
Quando si tiene fermo lo sguardo su un punto, esterno o interno, è importante mantenersi rilassati, lo sguardo rimane fisso e nello stesso tempo è allargato, come se si volesse guardare non solo il punto designato, ma tutto ciò che c’è intorno e dietro quel punto. Questa è una tecnica raffinata usata per arrivare, con una pratica costante, a portare la mente ben più in là dalla mera apparenza delle cose, e far sì che si possa cogliere l’essenza più intima della realtà.
Collegato alla vista e agli occhi è il sesto chakra, il chakra dell’immaginazione e della visione. E’ localizzato al centro della testa, include il così detto terzo occhio che si trova al centro della fronte. E’ il Chakra associato al sesto senso, presente in tutti noi esseri umani, diversamente sviluppato e coltivato. I Chakra sono dei veri e propri centri vitali con la funzione di ricevere, assimilare e trasmettere energia e informazioni all’interno del nostro corpo fisico e sottile. Il sesto Chakra si chiama Ajna, un termine sanscrito che significa percepire e comandare. Questo termine si riferisce alla duplice natura di questo chakra, che accoglie le immagini con la percezione visiva e nello stesso tempo le ricostruisce interiormente. In questo si inserisce una facoltà importante che può essere sviluppata e coltivata in ciascun essere umano: la visione.
Le immagini interne formano la visione di noi stessi nel mondo, visione in base alla quale poi ognuno si rapporta di conseguenza alla realtà stessa.
L’elemento che corrisponde a questo chakra è la luce. Infatti c’è una felice analogia simbolica che associa l’occhio al Sole, simbolo di luce e di energia divina.
Tramite l’interpretazione delle percezioni della luce otteniamo informazioni importanti dal mondo circostante. Quanto siamo in grado di percepire, oltre il vedere con gli occhi, dipende dall’apertura e dallo sviluppo del sesto chakra, per questo infatti è associato al sesto senso.
Se lo sguardo è uno specchio fedele dell’attività mentale, con l’uso virtuoso degli occhi rendi virtuosa la mente, così nello Yoga tantrico sono praticate le tecniche del Trataka, parola sanskrita che significa tenere fisso lo sguardo senza sbattere le palpebre. L’esercizio di Trataka è una base importante per Pratyhara, ritiro sensoriale, e Dharana, la contemplazione, dove lo sguardo diventa passivo e rivolto verso l’interno.
Il Trataka, è annoverato tra gli atti di purificazione, detti Shatkarma, ciò sottintende che la corretta visione e la purezza sono collegati.
Nell’Hatha Yoga Pradipika si legge:
HYP – II – 31. Si fissi con occhi immobili e spirito ben concentrato un piccolo oggetto finché non fluiscono le lacrime: questo è chiamato Trataka dai maestri.
L’Hatha Yoga Pradipika tratta del Trataka anche nel capitolo riguardante il Samadhi, ovvero lo stato di Unione, che esprime il significato stesso di Yoga.
HYP – IV – 39. Dopo aver diretto le pupille verso la luce, si sollevino un po’ le sopracciglia e si concentri lo spirito come nel precedente mudra. (qui si riferisce al Sambhavi mudra* )
HYP – IV – 41. Con gli occhi semichiusi, lo spirito stabile, lo sguardo diretto alla punta del naso, colui che perviene al riassorbimento della Luna e del Sole (Ida e Pingala), per mezzo dello stato di immobilità fisica e mentale, raggiunge questo luogo sostanziato di luce, seme di ogni cosa, che è il tutto, è risplendente, la suprema essenza.
Anche nella Gheranda-Samhita si trova la tecnica del Trataka così descritta:
V.53. Fissa un piccolo punto senza battere le palpebre, fino a che gli occhi non lacrimeranno. Questo è il Trataka Yoga secondo i Saggi.
V.54. Questa pratica senza dubbio perfeziona Shambhavi (*). Essa cura anche tutte le malattie degli occhi e dona la vista divina (a volte tradotto con chiaroveggenza).
La Gheranda Samhita ci racconta della possibilità di questa pratica di donare la vista divina. “Vedere” implica, infatti, una percezione più profonda che guardare. Guardare è l’attività del vedere, mentre la vista stessa è l’interiorizzazione dell’immagine e la sua comprensione. Trataka, può donare quella vista interiore che possiamo chiamare “visione”, ciò che consente di vedere oltre, di vedere dentro, di andare in profondità dentro di sé.
Seppure il Trataka porti molto beneficio alla vista e stimoli il sistema nervoso, creando stabilità e sviluppando concentrazione a beneficio delle funzioni cognitive (in calce sono elencate alcune evidenze scientifiche in proposito**), il suo scopo principale è piuttosto quello di permettere alla mente percezioni più profonde e sottili e permettere la visione corretta, la chiarezza. L’io/ego tenta in tutti i modi (consci e inconsci) di riaffermare la separazione, mentre queste pratiche aiutano a lasciare andare il falso confine tra soggetto e oggetto e mostrano la mente unificata, preparano la strada per esperire l’Unità, fine stesso di ogni pratica Yoga per cui occorre lasciare cadere l’io/ego con le sue creazioni menzognere.
* Shambhavi è un mudra che consiste nel dirigere gli occhi e mantenere lo sguardo fisso tra le sopracciglia. È una tecnica che porta ad un profondo assorbimento interiore. **Sono stati condotti in ambito medico alcuni studi scientifici che testimoniano come le tecniche di Trataka diano risultati significativi nel miglioramento dei principali disturbi visivi, come miopia, presbiopia, ipermetropia ed astigmatismo: Gopinathan G, Dhiman KS, Manjusha R. “A clinical study to evaluate the efficacy of Trataka Yoga Kriya and eye exercises (non-pharmocological methods) in the management of Timira (Ammetropia and Presbyopia)”. Ayu. 2012 Oct; 33(4):543-6. doi: 10.4103/0974-8520.110534; Mallick T, Kulkarni R. “The effect of trataka, a yogic visual concentration practice, on critical flicker fusion.” J Altern Complement Med. 2010 Dec;16(12):1265-7. doi: 10.1089/acm.2010.0012. Epub 2010 Nov 23. Talwadkar S1, Jagannathan A1, Raghuram N1. “Effect of trataka on cognitive functions in the elderly.” Int J Yoga. 2014 Jul;7(2):96-103. doi: 10.4103/0973-6131.133872.
TRATAKA
Si predispone un foglio con disegnato un punto nero di massimo 1,5 cm di diametro e si pone davanti allo sguardo ad una distanza di circa un metro. La pratica va eseguita senza lenti o occhiali, eventualmente si regola di conseguenza la distanza. Si inizia col fissare il punto nero disegnato sul foglio.
Si tengono gli occhi aperti, si rilassa il volto e si respira profondamente. Si mantiene lo sguardo fermo e morbido, con determinazione e senza tensione. Si fissa il punto per alcuni minuti e si verifica cosa si vede attorno al punto, si nota se si formano aloni, se gli aloni pulsano, si sfocano o sono stabili, se cambiano colore o di intensità luminosa. Lo sguardo continua a rimanere fisso. Appena si osserva che qualcosa ci distrae, lo si nota e si riporta la concentrazione con gentilezza verso il punto di osservazione.
Si mantiene lo sguardo fisso per almeno 15 minuti.
Si chiudono gli occhi strofinando energeticamente i palmi delle mani finché non diventano caldi, si appoggiano sulle palpebre e si riceve attraverso gli occhi il calore e l’oscurità prodotti dalle mani sugli occhi. Quando il calore si dissipa completamente, allora si termina massaggiando lentamente con le mani le palpebre, la fronte e il viso.
2° FASE
Ora si passa al Trataka come insegnato dagli antichi saggi: si fissa lo sguardo sul punto e si spalancano gli occhi, senza sbattere le palpebre. Si mantiene la concentrazione e il respiro tranquillo. Si mantiene fino a che gli occhi cominceranno a bruciare e poi a lacrimare spontaneamente, pulendo i dotti lacrimali.
Si ritorna dalla pratica come descritto nella fase 1.
3° FASE
Mantenendo sempre la posizione comoda a gambe incrociate, si esegue Shambhavi Mudra, si dirigono gli occhi e l’attenzione sul punto tra le sopracciglia.
Si termina vocalizzando tre volte il mantra Om.